Canavese Piemontesina Bella

#lemanideimaestri: La Cantina della Serra

22 Settembre 2016

Si chiama “Le Mani dei Maestri”, perché è dal lavoro, dal sacrificio, dal battito del cuore che arriva la grandezza di un prodotto e della sua realizzazione. Non si diventa Maestri in un giorno. Lo si diventa percorrendo una strada dove passione, intuito,  fantasia, coraggio e sapienza si mescolano e formano le fondamenta. Dove porterà quella strada non sempre si sa, ma la direzione è sempre una:  realizzare un sogno e condividerlo con gli altri.

La Cantina della Serra situata nel Canavese, è uno dei 182 Maestri premiati per l’edizione 2017 – 2018 per il Progetto I Maestri del Gusto di Torino e Provincia. Una new entry che ha saputo dare una conferma dell’alta qualità e della grandezza del progetto.  Ma cos’è il progetto “I Maestri del Gusto”?

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Il progetto Maestri dei Gusto di Torino e provincia nasce nel 2002 per volere della Camera di commercio di Torino con l’obiettivo di selezionare e promuovere le eccellenze eno-gastronomiche torinesi. Alla base del lavoro di identificazione e valutazione dei Maestri, tre distinti soggetti: la Camera di commercio di Torino, che segnala i produttori più rappresentativi del gusto torinese, Slow Food che valuta il gusto e la tipicità dei prodotti e il Laboratorio Chimico camerale, che si occupa di analisi e valutazione degli aspetti igienico-sanitari. Dai primi 50 Maestri del 2002, il progetto, a cadenza biennale, è cresciuto nel tempo, sia nei numeri sia nelle occasioni di promozione: degustazioni, partecipazione a eventi e fiere in Italia e all’estero, opportunità di marketing e co-marketing tra Maestri stessi. 

“Un colore per ogni Maestro”

 Ormai, tutti sanno che ogni colore ha una propria simbologia. Nell’alimentazione, nella moda, nel marketing… I colori hanno molto da raccontare. Incontrando i Maestri del Gusto e ascoltando le loro storie,  un colore si è fatto strada nella mia mente che rappresentava bene ciò che ho sentito assaggiando, ascoltando, domandando, “rubando”  un pezzettino del loro sogno.

 

ARANCIONE COME L’UVA “ABBRONZATA AL SOLE”

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“L’arancione è il colore dell’ottimismo. Simboleggia vitalità,  energia, saggezza ed equilibro. L’arancione rappresenta l’armonia con tutto ciò che ci circonda ed anche simbolo di fertilità. Chi predilige questo colore è capace di imprese fuori dal comune.”

Osservando i bellissimi grappoli ramati dei vitigni a pergola che troneggiano sui pendii del Canavese, non potevo che scegliere l’arancione come colore per questi Maestri del Gusto. Qui è il regno dell’Erbaluce canavesano e il colore ramato altro non è che la difesa dell’acino d’uva all’esposizione della luce solare.  Se alla vista è un fenomeno affascinante, in realtà è un problema quando parliamo di produzione di vino. I polifenoli che si sviluppano, vengono trasferiti nel mosto facilitandone l’ossidazione con conseguente perdita di complessità aromatica, cioè  in parole povere il vino è meno profumato. E’ per questo che la struttura della vigna è a pergola, proprio per creare ombra e proteggere maggiormente i grappoli. Una caratteristica di questo vino è data dal terreno di origine glaciale che ha una forte componente acida e che si ritrova nel vino.

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Parlo di Maestri poiché la Cantina Sociale della Serra nasce nel 1853 come consorzio ad opera di Adriano Olivetti che volse il proprio lavoro all’implemento economico della zona attraverso l’elettronica e allo sviluppo rurale. La Cantina conta 250 soci, tutti proprietari in parti uguali dell’azienda nella sua parte strutturale. Poi, ognuno di loro possiede i propri vitigni e suddividono equamente il guadagno dalla vendita del vino prodotto.

Negli anni 90′, il focus enologico ha soppiantato quello vitivinicolo. Lo slogan “Viticoltori dal 1953” vuole proprio riportare l’accento sull’importanza del valore dell’uva. Riqualificare il valore dell’uva e metterlo al primo posto. Ed è per questo che per loro è così importante conservare al massimo la naturalità dei vini prodotti. La  freschezza e l’aromaticità dell’uva sono preservate grazie ad un sistema di travasi in vasche costituite da cemento armato che lasciano traspirare l’uva, senza l’ausilio di pompe e e quindi di energia elettrica.  Non ci sono additivi aggiunti e l’affinamento non avviene in legno, ma in acciaio, proprio per mantenere il sapore naturale e originale.

Un passaggio particolare consiste nello schiacciare l’uva insieme ai raspi.  Questo permette l’ingresso di meno ossigeno, lasciando i mosti più profumati. I raspi finiscono con le vinacce che prendono la strada per la distilleria per creare ottime grappe.

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Oggi, la Cantina conta 450.000 bottiglie circa all’anno di cui la maggior parte di Erbaluce, vino rappresentativo della zona. Tra i rossi tipici piemontesi producono Barbera e Nebbiolo.

Gli spumanti: sono i principali produttori di spumante in Canavese e utilizzano il metodo Martinotti, il metodo italiano. Questo metodo prevede la produzione di un vino bianco di base (in questo caso Erbaluce) che viene fatto rifermentare in autoclave in una vasca chiusa ermeticamente. I gas prodotti, non potendo fuoriuscire, rendono il vino frizzante. Producono anche un particolare spumante rosè, partendo dal Nebbiolo.

I passiti: i passiti di Erbaluce sono vini di grande affinamento. Come spiega la nostra guida enologica, Vittorio, l’Erbaluce, dal punto di vista ampelografico (l’ampelografia è la scienza che studia e identifica le varietà dei vitigni), è in assoluto l’uva bianca con la buccia più spessa che ci sia. Questo permette di far appassire gli acini per 6 mesi, senza il rischio che marciscano. In seguito, si schiaccia l’uva, si fa fermentare in una vasca d’acciaio e infine si fa invecchiare in legno per 5 – 6 anni. Se ne produce poco per la difficoltà di prevedere come andrà il mercato e anche per la difficoltà della raccolta.

La nostra guida Vittorio ci ha spiegato molto bene come funziona la cantina, il metodo di produzione e molto altro. Forse quello che non si è reso conto di raccontare è tutta la passione che ha per questo lavoro. Orgoglioso ci mostra il suo lavoro in ogni dettaglio e mi chiedo come si possa non innamorarsi di una vigna che all’orizzonte si affaccia sul Lago di Viverone. Come si possa non desiderare di accarezzare quei bei grappoli dolci e rubare furtivamente un acino per assaporare un po’ di natura buona. Ti rendi conto che è un duro lavoro, fatto di sacrificio, ma anche tu nel profondo del cuore brameresti ad una vita così serena in mezza al verde. Solo tu, il sudore e la Madre Terra.

 

Irene

Fotografie di Roberto D’Urzio

 

 

 

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